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10 ANNI DOPO - ROCKIMPRESSIONS.IT di Giancarlo Bolther

Lo stile di Marco è in bilico fra il rock più istintivo ed energico, a tratti molto psichedelico, e il cantautorato poetico, ma la cosa che colpisce fin dal primo ascolto è il gusto melodico che Sanchioni riesce ad imprimere alla sua musica, i testi corrono veloci e si sposano con una naturalezza incantevole, rock diretto e italiano molto spesso non sono andati d’accordo, anzi molti artisti, anche famosi, non sono riusciti a rendere bene il rock con cantato italiano, questo problema sembra non colpire minimamente Marco, che ci regala tredici ballate molto riuscite.

Apre “L’Idea di Te” con un giro molto duro, poi entra il cantato e tutto assume connotati più melodici, le parole sono piene di poesia, ma che non spegne l’energia impressa da una chitarra malandrina. Con la successiva “L’Ultimo Happy Hour” emerge anche il lato più caustico di Marco, che denuncia alcuni mali delle nuove generazioni con sagacia e forza, ci sono anche degli intermezzi molto acidi, che svelano l’amore del nostro per musiche non proprio easy listening, ma la resa finale è convincente. “Dani Sulla Luna” è il testo più poetico del disco, una storia molto triste (che mi ha ricordato un po Lilly di Venditti come tematica) accompagnata da una musica quasi allegra, con un giro un po’ irlandese e un po’ rock americano, un momento molto felice dove Sanchioni ha dato il meglio di se. Il brano successivo “Anima-le” è molto sesso e rock ‘n’ roll, dopo il testo delicato di prima è quasi uno schiaffo, non mi piace l’accostamento, ma come canzone funziona bene, gran finale psichedelico. Un altro bell’esempio di quello che Marco sa fare è “Quasi Amore”, un po’ ballata e un po’ rock trascinante, melodia ed energia, questo è ottimo rock “italiano”. La freschezza del cd non viene meno lungo tutto il suo percorso, anche se le canzoni più riuscite erano all’inizio, ma ci sono momenti davvero interessanti, come la caustica “Comunista con la Pancia Piena”, che riflette in modo molto ironico su alcuni mali di certa sinistra. La malinconica “Il Mio Mangiadischi”, mi ha convinto poco, meglio sicuramente “Giochi di Potere”, dove ancora una volta mescola rock con testi in italiano molto ben inseriti. Si chiude con una parentesi onirica che spiazza un po’ rispetto al resto del cd, ma ci sta.

Mentre molti continuano a domandarsi se esista una via per il rock italiano, Sanchioni ci regala un disco emozionante, che non lascia dubbi. Certo in Italia è difficile fare rock e sicuramente lo sa bene Marco, ma è bello sapere che questo non ha impedito la riuscita di un disco così felicemente controcorrente.

GB

MITE - Rocksound

“Mite” contiene canzoni in bilico tra rock e pop, dirette e immediate. In alcuni casi sfiorano territori vicini al punk rock, quasi in stile Ramones, magari più addolcito e riarrangiato, ma la base di partenza e quella. Niente di eccessivamente nuovo, ma divertente…

Fabrizio “Panna” Panarese

DOLCEMENTE GRIDANDO SUL MONDO - Rockrebelmagazine.com

Prodotto da Marco Sanchioni stesso e da Alessandro Castriota, il disco si snoda attraverso undici tracce compatte e ben strutturate, cariche e anche pacate e riflessive, il cui intro è affidato al violino irrequieto di “Gli intellettuali non salveranno il mondo” che cede il posto al rock importante di “L’ anima (canzone cruda)”, quindi a “Fuggire” coi suoi favolosi anni Ottanta, poi a “Bimbi di pietra” con il suo lento malinconico e raffinato e così via, testo dopo testo e brano dopo brano fino alle cantautorali “Canzone per me” e “Sole di luglio” che guidano verso la chiusura, assegnata ai toni rock di “Il potere è adesso” e per contro al mesto ed emotivamente lento di “Resistenza passiva”.

Beh, che dire, Marco non è uno sprovveduto, questo disco, in cui non manca nulla, ne è la dimostrazione, noi gli auguriamo un futuro perfetto perché supportiamo l’ottima musica italiana, quella che merita.

Margherita Simonetti

DOLCEMENTE GRIDANDO SUL MONDO - lultimathule.wordpress.com

Autoprodotto come il predecessore, Dolcemente gridando sul mondo ha messo in mostra uno stile in sintonia con quello abituale, benché nel complesso più eclettico e attento ai dettagli, e un’ispirazione sempre vivida; undici episodi pieni di energia – sia fisica, sia emotiva – che regalano melodie accattivanti, profondità di atmosfere, trame rock non banali, testi articolatissimi e qua e là terminologicamente inusuali interpretati con voce potente ma dotata di una sua affascinante fragilità. I temi sviluppati nei versi (in rima, per lo più) intrecciano la sfera privata con quella pubblica, ma al di là delle storie personali narrate il “messaggio” punta all’universale. Lo dimostrano i tre singoli finora presentati, espliciti nel denunciare malesseri e “inadeguatezze” comuni a tanti: da Canzone per me, concettualmente analoga alla celeberrima L’avvelenata di Francesco Guccini, alla più avvolgente Gli intellettuali non salveranno il mondo, fino a Sopravvivere vivendo, dove le trame tornano a farsi ruvide e incalzanti. Rimarchevole pure lo sforzo promozionale, giacché tutti e tre sono stati accompagnati da videoclip ineccepibili sotto il profilo della professionalità ma solo in un caso – il secondo, d’animazione: bellissimo – adeguati allo scopo: video così focalizzati sul protagonista funzionano per i volti arcinoti e non per quelli anonimi, a meno che dietro non abbiano idee originali e davvero d’impatto.
Poi, ok, i motivi della mancata affermazione di Marco non risiedono nel marketing “sbagliato”, in alcune immagini poetiche che è possibile trovare fastidiose o in qualche piccolo intoppo nel flusso delle parole. Sarà un problema di atteggiamento, di non sapersi muovere bene, di sfiga o di questi tempi balordi in cui per far strada nella musica non basta essere compositori e interpreti di qualità ma si deve essere “personaggi”. L’importante, dato che gli voglio un gran bene, è che lui se la viva serenamente, come sembra voler chiarire nella strofa conclusiva di quellaCanzone per me che va reputata il suo manifesto:
“Se già tutto previsto e imprevisti nessuno
Rimango in disparte come un orso bruno

Gustando del miele d’acacia raccolto
E zampate nel culo per chi ride stolto
Godermela in ogni momento

È l’unico intento il più vero che c’è
Sia malgrado i soloni ed i rompicoglioni
Sbraitanti fra quelli che sono con me
Come me”
Che in fondo è un po’ come dire “Ho tante cose ancora da raccontare / per chi vuole ascoltare / e a culo tutto il resto”. Per quel che può valere, ad ascoltare le storie di Marco Sanchioni io continuerò ad esserci. E ne attendo tante altre ancora.

Recensore: Federico Guglielmi

La pace elettrica - Distorsioni.it

Marco Sanchioni, cantautore marchigiano, di Fano, è senz’altro da annoverare tra coloro il cui percorso sì è affermato per una luminosa e lunga coerenza. Marco, dopo quasi trent’anni di attività ha arricchito via via di nuovi capitoli la sua vena creativa, lirica e musicale. E lo dimostra con il nuovo cd autoprodotto, "La Pace Elettrica", contenente undici canzoni che ci riconducono al nostro instabile e incauto presente, in un cortocircuito di rabbia, tenerezza e ironia. Le fonti ispirative di Sanchioni sono legate a un suono di memoria Hüsker Dü e a un cantato in stile gucciniano (si pensi alla traccia d’apertura L’Alternativo E' Conformista). "La Pace Elettrica" si pone fin dal titolo nel segno della ricerca di una propria misura in un universo circostante dominato da un equilibrio instabile e da apparenti contraddizioni evocate in Meglio Il Giullare Del Re e in Giovedì Grasso. Le canzoni contenute nel cd echeggiano scenari affettati e fittizi a favore di uno spazio di sincerità in cui vadano riducendosi le distanze e le falsità reciproche a favore di un riconoscimento più autentico di sé e degli altri. La ricerca lirica di Marco muove da questo bisogno di schiettezza che prescinde da una ricerca del bello fine a se stesso. Di fronte al garbuglio del mondo l’autore racconta di persone perlopiù immobili, in attesa, che non esprimono giudizi e che anche se condannano e assolvono lo fanno con una forma mentis quasi sempre superficiale. È per questo che nei testi e nella musiche del disco Sanchioni dà un forte imprinting a reagire, emergendo con autentici bagliori di un istante, con efficaci attimi di chiarezza, al di là di una ipotetica opposizione luce-buio. "La Pace Elettrica" mette in scena una poesia che viene dal fondo. Marco è come un archeologo che rovista tra i detriti, cercando la speranza per ridare vita a comportamenti supini di molti individui che preferiscono nascondersi, arrugginendo, guadagnare tempo, trasformarsi, creare. Non tutti ce la fanno, ma molti non vogliono. In definitiva se il titolare di queste meditazioni è un “io” a volte identificabile con l’autore, di fatto tutto l’album si presenta come un racconto di un “noi”, dove prevale la prima persona plurale. Perché è nei legami, nella collaborazione, nel dialogo che diventa possibile scorgere una trama, ritrovare il senso tra le storie del tempo, guarire il disagio della civiltà che ci sovrasta.
 
Francesco Battisti


Distorsioni.it

La pace elettrica - weloveradiorock.com

La prima volta che sentii nominare Marco Sanchioni fu grazie a una delle gloriose compilation che il Mucchio Extra allegava alle uscite trimestrali: interpretava Non è Francesca in un tributo a Lucio Battisti, circa 15 anni fa. Si era in epoca pre-social (o, quantomeno, non ne eravamo ancora così dipendenti), avevo già scordato i trascorsi radiofonici e non scrivevo di musica: c’erano tutte le condizioni perché mi scordassi di questo cantautore marchigiano.
Ma la rete consente di scovare l’impossibile e il tubo mi forniva ulteriori testimonianze, a comprovare una carriera iniziata nel 1986, anno in cui esordiva con un gruppo d’ispirazione indie, guardando sia agli U.S.A. che alla Terra d’Albione. Lasciata da parte l’esperienza con gli A Number Two e abbracciata l’idea di esprimersi in italiano, le fasi successive lo vedono transitare dal folk della formazione urbinate Gli Ossi alla definitiva veste solista, distillando lungo il percorso varie pubblicazioni di demo, ep e ben tre album.
Superata la soglia dei 50 anni, Sanchioni ha pensato di far confluire tutte le sue anime musicali in un nuovo album, non a caso intitolato “La Pace Elettrica”, quasi a sancire il dualismo tra un rock che non ha nulla da invidiare ai modelli ispirativi e ballate acustiche d’impronta cantautorale.
Inaugurato da L’Alternativo è Conformista, un brano gucciniano (certo in virtù di una certa somiglianza vocale, accresciuta dalla caratteristica pronuncia della lettera r, ma anche a livello testuale e musicale), l’album sterza subito verso La Felicità Non Può Attendere, canzone che rimanda inevitabilmente al canone di Bob Mould per quanto attiene all’atteggiamento nei confronti di un certo modo di proporre rock and roll a metà strada tra punk e pop, ma non si pensi che si tratti di pedissequa riproposizione: Marco è un autore personale anche se non nasconde le influenze.
Ed è questo, come si diceva, il leitmotiv di un disco davvero riuscito, incorniciato da una bella copertina, curato nella grafica (è allegato un libretto che riporta i testi, ed è un bene perché sono molto interessanti).
Rock d’autore (Pianeta MeravigliosoFossili e Qualcosa Che Non Ho, nella quale suonano il bassista Valerio De Angelis e Luca Bacelli al violoncello, cui si affianca la viola di Luca Nicolini), ballate acustiche, o quasi (Amore SporcoChiuso In CasaPresenza, caratterizzata da un finale acido in odor di psichedelia), incroci tra R.E.M. e Hüsker Dü (Meglio Il Giullare Del ReGiovedì Grasso), il tono declamatorio de La Terra Trema, tutta giocata sulle chitarre di Sanchioni e Simone Cardinetti (che si occupa di tutte le parti soliste), la chiusura affidata a Canzone Dei Miei Silenzi, spolverata dal piano di Alessandro Castriota, che va ad aggiungersi agli onnipresenti Diego Romagnoli (batteria)e Alessio“Vinz”Vincenzetti (basso).
Lasciatevi coinvolgere da queste canzoni sincere e limpide, che raccontano storie nelle quali possiamo identificarci o che suscitano ricordi vissuti di riflesso. E visto che è appena passato, come non sentire risuonare “dentro” le parole di Giovedì Grasso:

“Luigi aveva un sospetto,
il Pirandello reietto:
le mascherine non sono fantasia,
ma medicine per l’anestesia.
E mascherarsi quant’è reale,
il mondo è solo un grande Carnevale”.

Ma Sanchioni non si nasconde, non cede al rito della maschera: fa la sua musica, tiene concerti molto apprezzati, scrive testi intelligenti. Gran bel disco.

Massimo Perolini

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